Tassazione Criptovalute persone fisiche
Iniziamo dicendo che un privato che non svolge attività finanziaria finalizzata all’ottenimento di plusvalenze non deve pagare alcuna imposta, nemmeno qualora riesca a tutti gli effetti a realizzarne. Le criptovalute, cosa assurda, sono attualmente considerate alla stregua di una valuta estera, poichè la normativa ed il legislatore è molto in ritardo sul tema. Pertanto, per quanto possa sembrare strano, valgono le regole come per il cambio Euro/Dollaro.
Ma non è tutto, perchè se nel corso di un anno, per almeno 7 giorni consecutivi si supera la soglia di possesso di Bitcoin per un controvalore pari a 51.000 Euro, l’Agenzia delle Entrate considera l’attività del privato alla stregua di un’attività speculativa, chiedendo quindi il pagamento delle tasse sulle eventuali plusvalenze.
In teoria non essendo possibile all’ Agenzia delle Entrate entrare ad esempio in un wallet personale o in un Exchange, il cittadino, secondo la norma dovrebbe autodenunciarsi.
Comunque le plusvalenze vengono rilevate solo al momento della vendita delle criptovalute (nel caso dei privati non c’è chiusura di bilancio), pertanto le tasse si devono pagare solo sulle plusvalenze, e solo nel momento in cui li si dovesse vendere generandone una che superi i 51mila euro. Questo significa che fino a che i Btc restano nel proprio wallet non sono soggetti a tassazione perchè ancora non hanno generato alcuna plulsvalenza se non sono stati venduti, e quindi non si è ricevuto nessuna contropartita in moneta FLAT
L’aliquota con cui si tassano le plusvalenze finanziarie è del 26%, e che queste vanno inserite in dichiarazione dei redditi negli appositi spazi dedicati proprio alle plusvalenze derivanti da attività finanziarie.
Tassazione Criptovalute per le imprese
Il discorso cambia per le imprese, anche per loro le criptovalute vanno considerate alla stregua di valuta estera. Sebbene non sia necessario dichiarare quante se ne posseggono, bisogna però dichiarare le operazioni effettuate, esattamente come si usa fare per quelle in altre valute (Euro, Dollaro, o altre).
Per dirla breve: secondo il fisco, per le aziende usare criptovalute è esattamente uguale ad utilizzare Euro o Dollari, ovvero dal punto di vista fiscale, burocratico e amministrativo non cambia assolutamente nulla.
Quindi anche qualora l’impresa incassasse Bitcoin e scegliesse di conservarli su un proprio wallet, se in futuro dovesse venderli e ricavarne una plusvalenza dovrebbe pagarci le tasse.
Le plusvalenze sono tassate, ma vengono pagate solo al momento in cui vengono rilevate. Quindi solo quando i Bitcoin venissero venduti, o a chiusura di bilancio, si potrebbe rilevare la plusvalenza, e nel caso in cui ci fosse su questa (e solo su questa) ci sarebbero delle imposte da pagare.
Nota aggiuntiva: la risoluzione n. 72/E del 2016
Queste logiche sono frutto dell’interpretazione della Risoluzione Ministeriale n. 72 E del 02/09/2016. Con questa risoluzione l’Agenzia delle Entrate dichiarò che:
Bitcoin è una moneta alternativa a quella tradizionale. l’acquisto e la cessione di Bitcoin in cambio di Euro sono da considerare operazione di cambio valuta, quindi non soggette ad IVA. le Società che operano con i Bitcoin possono ottenere guadagni o perdite dalle attività di cambio, e tali guadagni o perdite devono essere dichiarati in bilancio. in alternativa alla chiusura del bilancio si calcolano eventuali guadagni o perdite e si registrano. in caso invece di privati se manca la finalità speculativa non vengono rilevati redditi imponibili.
In questa risoluzione è la risposta dell’Agenzia delle Entrate ad un interpello proprio di una società. Per quello che riguarda i privati ancora non esistono riferimenti.
Come vedete la situazione è piuttosto fumosa a causa dei ritardi nell’adozione di misure equilibrate nei riguardi dei profitti generati con le criptomonete.
Purtroppo c’è molta confusione, principalmente dovuta al fatto che chi dovrebbe normare non ha alcuna conoscenza, o poca consapevolezza, della materia. Per cui è plausibile che per molto tempo ci sia confusione e si rischi addirittura, inconsapevolmente di non essere in regola con il fisco.